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TOMMASO D’AQUINO, IL DIRITTO FRA RAGIONE E RELAZIONE

MAR 27, 2021

1.Ultimo di sette figli Tommaso nacque in una famiglia di piccoli feudatari imperiali, i d’Aquino di Roccasecca, fra il 1221 e il 1227. Uno dei suoi biografi ufficiali, Guglielmo di Tocco, riferisce che morì a quarantanove anni – la data della morte è certa: 7 marzo 1274 – e questo porterebbe la data di nascita al 1225[1].

Divenuto oblato all’età di appena 5 anni, egli mostrò precocissima la vocazione di religioso. Dal carattere mite e dall’intelligenza vivace, si scontrò col volere della famiglia, che ambiva a farlo diventare abate, mentre egli intendeva rimanere un semplice frate, dedito allo studio e alla preghiera. La madre incaricò i fratelli impegnati in battaglia di ricondurlo in famiglia manu militari, costringendolo a un soggiorno obbligato di due anni nel castello avito a Monte San Giovanni. Vedendo che la volontà di Tommaso non si piegava, la madre lasciò il giovane e gli permise di seguire la sua strada.

2. Ricevuto l’abito domenicano nella primavera del 1244, Tommaso fu allievo di Alberto Magno e compì gli studi di filosofia e di teologia alle università di Napoli, di Parigi e di Colonia. Nel 1256 gli fu affidato l’incarico di magister, e cominciò l’attività di insegnamento e di predicazione.

Sempre dedito alla lettura e alla scrittura[2], ma disponibile a compiere gli uffici liturgici e ad ascoltare le confessioni dei fedeli o dei confratelli, egli viene descritto come “grande, bruno, robusto, dritto, aveva una carnagione color del grano e una grande testa un po’ calva […]. Passava tutta la sua giornata a studiare, pregare, dettare o scrivere, insegnare o predicare, in modo da utilizzare ogni istante […]. Sempre il primo ad alzarsi di notte per pregare, dopo la messa che celebrava al mattino presto, ne ascoltava una seconda per devozione, poi saliva in cattedra per il suo corso. Dopo scriveva e dettava […]. Quando voleva far riposare il corpo, camminava solo nel chiostro, a testa alta […]. Un giorno un frate di umore gioviale esclamò: – Fra Tommaso, venite a vedere un bue che vola-. Fra Tommaso si avvicinò alla finestra. L’altro rise: È meglio – gli disse il Santo – credere che un bue possa volare che pensare che un religioso possa mentire”[3].

“La particolarità saliente di san Tommaso era che amava i libri e viveva sui libri […]; che avrebbe preferito avere cento libri di Aristotele e della sua logica piuttosto che tutte le ricchezze di questo mondo. Quando gli chiedevano quale fosse la cosa per cui ringraziava di più il Signore rispondeva in tutta semplicità: L’aver capito tutto di ogni pagina che ho letto”[4].

3. Il pensiero di San Tommaso d’Aquino è probabilmente il più articolato, complesso, dialettico e sistematico della storia della filosofia occidentale, così che è veramente arduo sintetizzarlo in modo esaustivo: Se ne possono tracciare le linee fondamentali, attingendo dalle sue opere, specialmente quanto alla questione del diritto. Il sistema di pensiero di Tommaso è ordinato e ordinante e presuppone un ordine teoretico che scandaglia la dimensione ontologica della realtà, poiché il tomismo, per utilizzare la felice formula di Etienne Gilson, presuppone “una cosa per ogni concetto e un concetto per ogni cosa”[5]. Il contributo del Dottore Angelico alla comprensione del fenomeno giuridico è da ritenere come uno dei più rilevanti – se non addirittura il più rilevante – nella storia della civiltà giuridica occidentale.

Tommaso ha contribuito ad analizzare la fenomenologia giuridica nel suo complesso così come nel suo dettaglio, interrogandosi intorno alla natura del diritto, alla sua funzione, ai suoi limiti, come sulla natura dello Stato, sulla portata della legislazione umana, sui compiti della politica e sulla dimensione etica del tutto. Per coglierne realmente il pensiero occorre accertarne i due fondamenti prodromici, da un lato la natura cognitivista, quella per cui nella realtà esiste una verità che può essere conosciuta, e dall’altro lato la natura razionale, caratteristica strutturale dell’uomo, il quale con la forza della ragione naturale giunge alla verità fondativa della realtà, in accordo con le verità della rivelazione cristiana[6].

4. Tommaso intende allontanare la dottrina cristiana dal platonismo agostiniano, per rifondare aristotelicamente l’intera sapienza cristiana e la visione cristiana del mondo[7], e dunque del diritto. Poiché per Tommaso “l’ente non può essere pensato senza il vero”[8], anche l’uomo e il diritto hanno ciascuno una propria verità, cioè l’uomo la ragione[9], e il diritto la giustizia[10].

Uno dei grandi meriti del pensiero tomista consiste nel metodo e nel merito con cui intendere il diritto e la legge. Diversamente dai suoi colleghi musulmani[11], o dal pensiero di Lutero che si sarebbe diffuso alcuni secoli dopo[12], San Tommaso non soltanto riconosce l’esistenza e la vigenza della legge divina, ma evidenzia come la legge divina non possa escludere quella naturale e quella umana[13], ponendo così le basi per l’autonomia della legislazione umana, della fondazione giuridica del concetto di laicità, del radicamento filosofico della dimensione politica indipendente dall’autorità teologica[14]. Secondo l’Aquinate la legge umana non è che rationis ordinatio ad bonum commune, ab eo qui curam communitatis habet promulgata[15].

La sostanza del diritto è dunque razionale, e presuppone la relazionalità, poiché il fine della legge e del diritto è quello di assicurare il bene comune. In questa prospettiva onto-assiologica, alla luce dell’umana ragione, “una norma ha vigore di legge nella misura in cui è giusta. Ora, tra le cose umane un fatto si denomina giusto quando è secondo la regola della ragione. Ma la prima regola della ragione è la legge naturale […]. Quindi una legge umana positiva in tanto ha natura di legge, in quanto deriva dalla legge naturale”[16].

5. Il Dottore Angelico non si contenta di affermare l’esistenza della legge umana, ma si spinge oltre e ne specifica la natura, cioè l’essere razionale. Difatti, prosegue, “la legge umana in tanto ha natura di legge, in quanto si uniforma alla retta ragione, in tal senso deriva evidentemente dalla legge eterna”[17]. La legge umana, dunque, non è (con)fusa con quella divina, poiché altrimenti non sarebbe umana, ma del resto non è nemmeno auto-referenziale poiché partecipa della razionalità, cioè del logos, ovvero della ragione divina[18].

Questa prospettiva si riflette chiaramente sul versante più strettamente politico, poiché se il diritto, sebbene sia distinto dalla legge divina, non può essere auto-referenziale, altrettanto sarà il potere temporale. Lo Stato, quindi, è indipendente dalla Chiesa, ma non può auto-idolatrarsi. Kaiser e Kyrios sono naturalmente ed irrimediabilmente diversi. San Tommaso d’Aquino, così, elabora in modo compiuto l’idea che non vi possano essere sovrani legibus soluti, poiché il sovrano non può essere al di sopra della giustizia e della legge naturale le quali richiedono sempre la difesa del bene comune: “I re mirino anzitutto al bene comune […], perché se agiscono diversamente, curando il proprio vantaggio, non sono re, ma tiranni”[19].

Non è un caso, forse, che il XX secolo, di tutti quello più anti-cristiano, sia stato il secolo delle idee assassine[20]. Come ha giustamente osservato Sergio Cotta, ciò “comporta due conseguenze molto importanti: primo che la legge naturale, rivolgendosi ad un essere razionale, è ad esso comprensibile, cioè la sua razionalità appare non già a Dio solo, ma anche all’uomo. Secondo, che la legge naturale non è legge necessaria, poiché il suo destinatario, l’uomo, è per sua natura libero”[21].

Il lascito del pensiero di San Tommaso d’Aquino, che dovrebbe nuovamente essere riscoperto dai giuristi, è fondamentale quanto l’uso della ragione nel mondo del diritto, per evitare che il diritto diventi autoreferenziale e quindi incomprensibile e ingiusto. E soprattutto per ricordare al giurista e alla di lui coscienza che un diritto che non tenda alla giustizia non è realmente diritto, ma perversione del diritto[22].

Aldo Rocco Vitale


[1] Sofia Vanni Rovighi, Introduzione a Tommaso d’Aquino, Laterza, Bari, 1981.

[2] Non a caso scrisse la seguente orazione per lo studio: “Creatore ineffabile, che dai tesori della Tua Sapienza hai tratto tre gerarchie d’angeli e le hai stabilite sopra i cieli in un ordine mirabile. Tu che hai disposto ogni elemento dell’universo con armonica bellezza. Tu che sei chiamato autentica Fonte della Luce e della Sapienza, e Principio sublime di ogni cosa. Degnati di illuminare le tenebre del mio intelletto con il raggio della tua chiarezza, liberandomi dalle due tenebre in cui sono nato: il peccato e l’ignoranza. Tu, che fai fiorire l’eloquenza sulle lingue dei bambini, forgia la mia lingua e infondi nelle mie labbra la grazia della tua benedizione. Dammi l’acutezza dell’intelligenza, la facoltà di ricordare, il metodo e la facilità dell’apprendere, la perspicacia dell’interpretare, il dono copioso del parlare. Disponi Tu l’inizio, dirigi lo svolgimento e portami fino al compimento: Tu che sei vero Dio ed uomo, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen”.

[3] Jacques Maritain, Il Dottore Angelico. San Tommaso d’Aquino, Cantagalli, Siena, 2006, pag. 55 e ss.

[4] Gilbert Keith Chesterton, San Tommaso d’Aquino, Lindau, Torino, 2008, pag. 19.

[5] Etienne Gilson, Il tomismo. Introduzione alla filosofia di san Tommaso d’Aquino, Jaca Book, Milano, 2010, pag. 333.

[6] “Una duplice condizione domina lo sviluppo della filosofia tomista: la distinzione tra ragione e fede e la necessità del loro accordo. L’intero campo della filosofia dipende esclusivamente dalla ragione: significa che la filosofia non deve ammettere che ciò che è accessibile alla luce naturale e dimostrabile con le sue sole risorse”, Etienne Gilson, La filosofia nel medioevo, Sansoni, Milano, 2005, pag. 603.

[7] “Il tomismo sarebbe dunque nato in quanto filosofia, da una decisione filosofica pura. Optare contro la dottrina di Platone per quella di Aristotele, era obbligarsi a ricostruire la filosofia cristiana su altre basi che quelle di sant’Agostino”, Etienne Gilson, Tommaso contro Agostino, Medusa, Milano, 2010, pag. 108.

[8] San Tommaso d’Aquino, Sulla verità, q. 1, art. 1, resp. ad 3.

[9] “Dire che l’uomo deve agire secondo ragione, secondo le esigenze della ragione, o secondo virtù, è lo stesso che dire agire secondo il suo fine o agire secondo le leggi dell’essere che dominano e regolano sia il mondo della vita-pensiero che quello della vita-azione”, Reginaldo Pizzorni, Diritto naturale e diritto positivo in S. Tommaso d’Aquino, ESD, Bologna, 1999, pag. 67.

[10] “L’istanza della giustizia è rivolta all’uomo nel suo centro spirituale: in tanto egli è il soggetto della giustizia, in quanto è spirituale”, Joseph Pieper, Sulla giustizia, Morcelliana, Brescia, 1975, pag. 47.

[11] Interrogando le autorità del pensiero islamico ciò viene in risalto autonomamente. Così, infatti, precisa nel XII secolo Abu Hamid al-Ghazali: “I livelli del giurista e del teologo sono pressoché identici tra loro, sebbene il ruolo del giurista sia comunemente più necessario e quello del teologo più complesso e difficile”, Abu Hamid Al-Ghazali, Le perle del Corano, Bur, Milano, 2000, p. 113.

[12] “Il regno del diritto civile non si regge sui libri, ma sull’autorità divina […]. I giuristi sanno acchiappare solo le mosche […]. Perciò gl’imperi non si reggono sulle leggi”, Martin Lutero, Discorsi a tavola, Einaudi, Torino, 1969, pag. 3-5.

[13] “Era necessario stabilire delle leggi per la pace e la virtù degli uomini”, San Tommaso d’Aquino,Summa Theologiae, I-II, q. 95, a. 1.

[14] “Vi è in Tommaso la preoccupazione di mantenere consistente anche il lato giuridico oggettivo, l’esigenza normativa”, Giovanni Ambrosetti, Diritto naturale cristiano, Studium, Roma, 1964, pag. 107

[15] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 90, a. 4, ad dem.

[16] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 95, a. 2.

[17] San Tommaso d’Aquino, op. cit., I-II, q. 93, a. 3.

[18] “E’ compito di qualsiasi legislatore stabilire per legge quelle norme, senza le quali la legge non può essere osservata. Ora, siccome la legge viene proposta alla ragione, l’uomo non potrebbe osservarla, qualora non fossero assoggettate alla ragione tutte le altre cose che gli appartengono”, San Tommaso d’Aquino, Summa contra gentiles, III, CXXI, ad 4.

[19] San Tommaso d’Aquino, La politica dei principi cristiani, Cantagalli, Siena, 1997, pag. 159.

[20] Robert Conquest, Il secolo delle idee assassine, Mondadori, Milano, 2002.

[21] Sergio Cotta, Il concetto di legge nella Summa Theologiae di S. Tommaso d’Aquino, Giappichelli, Torino, 1955, pag. 66-67.

[22] “Una legge tirannica, essendo difforme dalla ragione, non è una legge in senso assoluto, ma è piuttosto una perversione della legge”, S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 92, a. 1, ad 4.

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